
Tutto ciò che vediamo di questo mondo costituisce la nostra memoria di immagini.
Tutto ciò di cui facciamo esperienza costituisce la nostra riserva di pensieri. Il flusso di sensazioni e percezioni che si producono ad ogni esperienza permane nel nostro corpo e nella mente.
La capacità di mettere in relazione tutti questi elementi ci permette di vivere.
Fotografare la realtà, esperirla, pensarla e darle una forma ci mette in relazione con il mondo e con gli altri.
A questo punto nasce una riflessione in me che è più forte di ogni altro pensiero: che cosa c’è di nostro?
Che cosa mi caratterizza in questo mondo?
La forma l’ho ricevuta dall’impronta dei genitori e dei loro genitori.
I pensieri, le immagini, le emozioni derivano dal contatto con altre forme, animate e non animate.
Che cosa persiste a farmi pensare che io sia IO. E non una sequenza ? Una conseguenza. Uno stream , un flusso, una concatenazione sempre diversa.
A sei anni, in prima elementare, la maestra metteva un fiocchetto rosso sul grembiule bianco di chi era stato bravo. Probabilmente quel fiocchetto faceva il giro della classe, ma io l’avevo spesso appeso sulla sinistra, in alto, vicino alla spalla. Ero brava.
Dopo una lunga permanenza sul mio grembiule, allo scadere della mia lode, decisi di non restituirlo alla maestra fingendo una dimenticanza.
Proprio quel giorno mia madre, che mi veniva a prendere tutti i giorni all’uscita di scuola, mi chiese come ero andata, proprio quella mattina che avrei dovuto restituire il fiocchetto e non l’avevo fatto.
Visto che il fiocchetto era ancora al suo posto le dissi che ero stata brava, come sempre.
Ho mentito?
Io avevo deciso di caratterizzare la mia sequenza con un ritmo che in fondo mi apparteneva, che era cambiato, certo di poco, ma che volevo rimanesse sempre IO. Mi identificavo con quella nota di merito che mi caratterizzava per un periodo ma che non volevo cambiasse. Il mio periodo, le mie note, dovevano restare per dire chi ero e continuavo ad essere.
Una ladra!
Avevo tenuto il fiocchetto sul grembiule anche se le giornate di lode erano destinate a un’altra bambina.
Come si fa a non mentire?
La realtà è in continuo cambiamento ma io mi sento sempre io! Se sono stata brava perché ho fatto un bel disegno, un dettato senza errori, scritto con una bella calligrafia.. IO sono brava!
Vado a scuola per imparare e ormai l’ho fatto, ho imparato. Non me lo scordo più. Come quel giorno che ho imparato, a quattro anni, ad andare in bicicletta. Mio padre aveva deciso che dovevo imparare e mi tolse le piccole rotelle che mi tenevano in equilibrio. All’inizio piangevo. Perdevo l’equilibrio. Facevo una pedalata e poi mettevo giù i piedi per non cadere. E piangevo. Lui e mia madre mi guardavano dal terrazzo. Io non mollavo. Con le lacrime continuavo a provare. Poi quando ho provato una pedalata, due e qualche altro tentativo alla fine ho imparato. Come faccio a scordare come si va in bicicletta? Adesso è impossibile.
Come si fa a non rubare?
Quando la maestra chiese a tutta la classe di creare delle cornici, con le matite colorate, sui nostri quaderni io mi tuffai nella fantasia di cornici astratte, fatte seguendo la forma dei quadretti, formando degli esagoni, dei triangoli, tutti colorati. Ero contenta dei miei disegni! Lei osservò le cornici e mi disse di tornare a posto e farne altre perché quelle non andavano bene. Delusa e stupita ritornai all’opera con colori più forti, forme più grandi e decise, ma sempre geometriche; non uscivo dai quadratini del foglio di quaderno. Tornai di nuovo alla cattedra, certa questa volta della sua approvazione.
Mi rimandò a posto. Non andavano bene. Un terzo tentativo non mi convinse dal cambiare le forme geometriche con altre che però non avevo in mente! Ero molto triste. Mi guardai intorno in cerca di aiuto. Notai che la maestra era molto soddisfatta delle cornici di una bambina bionda e magra che continuava a sfornarne sempre di più belle. Andai dalla bambina e cercai di capire che cosa voleva la maestra. Le chiesi se poteva farne una delle sue sul mio quaderno. Era una buona bambina e mi fece in pochissimo tempo una delle sue preferite. Erano delle candele di Natale, accese, alternate a rametti verdi e fiocchetti rossi. Ancora fiocchetti? A me quella cornice non piaceva però la portai alla maestra e lei finalmente mi sorrise dicendo che finalmente avevo capito. E mi lasciò tranquilla. Io tornai alla geometria.
Avevo rubato una cornice? Probabilmente eravamo vicini al Natale che, come tutti sanno, è caratterizzato da candele accese e decori di rami di pino raccolti da grandi fiocchi rossi!
E. Myōkan Ferrari