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Fin da piccoli sappiamo quando possiamo mentire.
Una volta, la prima, è successo di aver risposto ad una semplice, innocente domanda, con un semplice “Si!”, ed ecco apparire una possibilità inedita: varcare un confine mai attraversato prima.
Prima di sapere di poter mentire l’ immaginazione si era spinta fino ai confini del lecito come dentro un recinto, di cui non eravamo consci.
Ora ci troviamo di fronte ad un bivio, il bivio della scelta che caratterizzerà d’ora in avanti la maggior parte delle nostre decisioni.
La scelta è almeno fra due opzioni. Saltare nell’una o all’altra opzione è il modo che impareremo presto ad utilizzare come paradigma strutturale di pensiero. Non che questo sia per forza negativo ma non esserne consapevoli ci porterà a costruire la mente che mente.
Intanto stiamo vivendo l’esperienza della prima bugia.
La prima bugia è come un esperimento, l’esplorazione di un nuovo territorio, privi di una vera consapevolezza del momento che stiamo vivendo, la memoria sarà l’unica testimone.
Quando viviamo la prima bugia ci comportiamo in questo modo: la risposta è rapida, immediata, così come tutte le reazioni che dalla nascita siamo portati a vivere, ma gli occhi guardano altrove rispetto al nostro interlocutore.
Il luogo in cui abbiamo commesso il fatto si è stampato nella memoria.
Che cosa ci ha spinto nella direzione della bugia? Abbiamo reagito per dare una rassicurazione alla mamma? Oppure è una mancanza di responsabilità? Non sono stato io!
Poniamo che la risposta falsa sia un "Sì".
Ed ecco, siamo oltre il lecito. Una parola, detta per vanto, per difesa, per sbaglio e la frazione di secondo che ci appare poco prima di rispondere, si amplia nello spazio della consapevolezza, fino a diventare un barlume coscienza. Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo mentito. La parola che abbiamo pronunciato in quel particolare momento risuona come non fosse nostra, in fondo, non l’abbiamo veramente voluta pronunciare. La voce che esce dalla nostra bocca ci risveglia, capiamo esattamente che cosa stiamo vivendo, sappiamo già che cosa sta accadendo, conosciamo quell’esperienza, stiamo entrando in uno spazio dove nessuno ci può vedere, nessuno ci può scoprire. (Almeno fino a quando non ci scoprono. Ma questa è una conseguenza troppo oltre nel tempo per poterla affrontare ora. Ora siamo impegnati a vivere l’emozione del bugiardo.)
Quasi contemporaneamente, o forse ce ne accorgiamo solo ora, ci spiegano che non si deve mentire. Coloro che si occupano di questo compito, in modo variamente esplicito, secondo principi etici o religiosi, lo fanno per noi, ma anche un po’ per loro, e anche di questo ci rendiamo conto quasi subito. Il problema è che per noi si prevedono conseguenze negative, azioni da correggere, attraverso confessioni, pentimenti e promesse.
...
continua
E. Myōkan Ferrari